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“Queste oscure materie” di Philip Pullman si inserisce pienamente nella tradizione del fantasy di stampo anglosassone che, nato nella seconda metà dell’800 con il Gothic Revival e con gli scritti del preraffaellita William Morris, ha finora prodotto capolavori come le trilogie di Tolkien, C.S. Lewis (“Le cronache di Narnia” ma soprattutto il ciclo di Perelandra) e di Mervyn Peake (Gormenghast). Ben lontano dalle esagerazioni e dalle tentazioni superomistiche coltivate dalla “Sword and Sorcery” americana (Conan e affini), buona tuttalpiù per adolescenti con scompensi ormonali, il fantasy inglese unisce una maggiore raffinatezza stilistica ed una grande ricchezza di sottotesti al costante richiamo a comuni radici culturali, cosa che lo rende facilmente fruibile sia da un pubblico infantile che da uno più adulto.
Il regista Chris Weitz ha sceneggiato il primo volume della trilogia e ne ha tratto “La Bussola d’Oro”, edulcorando alcuni aspetti del libro a beneficio di un pubblico più vasto ma rimanendo tutto sommato abbastanza fedele agli assunti di partenza. In un mondo parallelo, dominato dall’inflessibile Magisterium, la dodicenne Lyra Belacqua viene in possesso dell’ultima Bussola d’Oro esistente, uno strumento in grado di rivelare la verità e, forse, di modificare il futuro. Al Jordan College di Oxford, dove vive Lyra, arriva l’affascinante ed ambigua Mrs. Coulter, scienziata ed esploratrice. Ben presto iniziano a verificarsi delle misteriose sparizioni di bambini, che voci non confermate vogliono rapiti dagli Ingoiatori e trasportati al nord, nella regione dello Svalbard. Lyra decide di partire per le regioni settentrionali con il suo inseparabile daimon (Pantalaimon) per salvare i bambini, ma il Magisterium è disposto a tutto per fermarla e per impadronirsi della preziosa Bussola d’Oro.



recensione intera : www.cinemalia.it/fantasy/la-bussola-d-oro.html



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