00 11/01/2008 19:28
Quella sera, quando Bastiano uscì dalla stalla, faceva più freddo del solito, il gelo torceva le ossa e rendeva le mani inermi.
L’omone prese la mantella, s’incappucciò, bardò la mula e mosse verso il paese, accendendo un sigaro più per temprare il viso che per il vizio.
Era già alle porte del paese quando, nei pressi del cimitero, la mula esitò e si fermò; le busse non la smossero di un centimetro e così Bastiano salto giù e cominciò a tirarla con tutta la forza che aveva in corpo.
Ad un tratto, tutto tacque e udì nitidamente il pianto di un fanciullo provenire dall’ingresso del cimitero.
L’uomo lasciò la briglia, si avvicinò e, da dietro i ferri del cancello, vide, di spalle, un infante seminudo contorcersi in un pianto disperato; infilò un braccio tra le sbarre e lo protese verso il fanciullo, chiamandolo ripetutamente in un gesto di umana compassione.
La giovane creatura si girò, il suo volto era familiare: era lui ancora bambino, in mano teneva il raschino che papà gli regalò per il decimo compleanno.
- E’ venuta l’ora di riunire insieme anima e corpo, mi hai venduto per una meretrice e sono venuto per il conto! - proferì il fanciullo.
Bastiano ricordò l’abominevole promessa: davanti al Giudizio Universale del pittore maledetto, aveva invocato il Leviatan per conquistare l’amata, in sfregio allo Spirito Santo a cui si era invano affidato.
La creatura attraversò le sbarre di ferro, si materializzò sulla strada selciata e, divenuto serpente, vi entrò dalla bocca, scivolò per l’esofago e si nascose nelle sue viscere.
L’uomo, terrorizzato ed agonizzante, s’accovacciò ai piedi della colonna del cancello, sgranando gli occhi all’inverosimile.
Ignaro, rinvenne dopo qualche minuto e, frastornato, montò di nuovo sulla mula, dirigendo verso casa, con se portava un regalo per la sua Assunta.



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